Il grave episodio di cronaca che ha colpito venerdì notte alcune famiglie di via Pisticci a Gela lascia in tutti noi una profonda inquietudine ed un senso di smarrimento, amplificato ancora di più dai numerosi atti vandalici che nelle scorse settimane hanno preso di mira alcune scuole della città e dai numerosi episodi di violenza che spesso hanno avuto come vittime cittadini appartenenti alle fasce più deboli della popolazione.
Una escalation di violenza che non risparmia alcun quartiere e che alimenta un clima di rassegnazione e di impotenza in molte famiglie già alle prese con le conseguenze della crisi economica.
E’ giusto fronteggiare l’emergenza chiedendo l’intervento dello Stato ed il potenziamento degli strumenti a disposizione delle forze dell’ordine, costretti ad operare spesso con pochi mezzi, tuttavia riteniamo che sia necessario avviare anche una profonda riflessione collettiva per individuare le cause che hanno portato a questo stato di cose.
Da anni sentiamo ripetere, ed i numeri lo confermano, che a Gela esiste un allarme che riguarda la criminalità minorile. Ancora oggi in rete è possibile leggere il resoconto delle testimonianze di amministratori, magistrati e rappresentanti delle associazioni, raccolte a Gela dalla commissione parlamentare per l’infanzia durante la visita effettuata il 18 novembre del 1999. Eppure non si è mai dato vita ad un piano complessivo di politiche sociali in grado di prevenire le varie forme di devianza minorile, anzi nel corso degli anni sono stati abbandonati anche quei pochi interventi che avevano comunque prodotto risultati positivi.
Sarebbe bastato ascoltare gli operatori dei vari servizi sociali territoriali, gli insegnanti delle scuole di ogni ordine e grado, i tanti volontari che operano quotidianamente nelle parrocchie e nei pochi altri luoghi di aggregazione per rendersi conto della difficoltà di fronteggiare l’emergere di fenomeni di devianza sempre più complessi. Se una comunità non ha attenzione verso i più piccoli è inevitabile che si arrivi alla disgregazione sociale: lo abbiamo detto quando venne chiusa la ludoteca dei Cappuccini nel 2003, lo abbiamo detto quando si è avviato lo smantellamento del sistema scolastico attraverso riforme che guardavano solo ai budget e non alla funzione educativa della scuola, lo abbiamo denunciato quando venivano adottati piani di zona che non tenevano conto delle reali esigenze manifestate dal territorio. Per fortuna esiste un tessuto associativo forte che, negli anni, con molte difficoltà, ha provato a dare risposte (seppur parziali) ai bisogni del territorio, a volte in sintonia con le Istituzioni locali a volte in dissenso.
Esistono enormi potenzialità in questa città che devono essere valorizzate per dare una risposta corale a questo clima di terrore. La classe politica deve avere la capacità di ascoltare il territorio ed operare scelte che guardino al futuro e che ridiano speranza alle persone e non gestire il quotidiano alla ricerca di un consenso spicciolo. Le forze economiche, sociali e il mondo della cultura non devono sottrarsi alla responsabilità di compartecipare ai processi decisionali, devono guardare all’interesse collettivo della comunità perchè solo attraverso percorsi di coesione sociale si potrà avere uno sviluppo reale del territorio e si potranno creare quegli anticorpi necessari per fermare la violenza ed il senso di solitudine in cui vivono oggi decine di famiglie e di singoli cittadini.
L’ARCI di Gela è disponibile a partecipare e promuovere ogni utile iniziativa, insieme a quanti intendono assumersi la responsabilità di individuare una strategia complessiva di intervento, per individuare soluzioni chiare e condivise alle tante emergenze sociali esistenti per favorire processi di inclusione sociale e di sviluppo sostenibile del territorio.